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Luglio 5, 2025

Il voto simile

Il voto simile
Luglio 5, 2025

(scritto originale del febbraio 2013.Direi che è invecchiato bene. O che non abbiamo fatto passi avanti, fate voi)

Ecco, lo ammetto: ogni volta che sento l’appello al voto utile mi aumenta la salivazione. E’ più forte di me, il sentir dire che esistono voti utili, e di conseguenza voti inutili, unito alla constatazione che il mio voto risulta agli occhi dei più sempre e comunque ascrivibile alla categoria di quelli inutili (se non disutili e/o pericolosi) mi causa attacchi di logorrea degni del miglior ostruzionismo dei bei tempi andati.

Inutile perché, altrimenti, vince un altro.

Ma anche se voto direttamente un altro, per me la sostanza rimane identica. Ergo, di grazia, perché dovrei privarmi della mia possibilità di scegliere e condannare alla permanente invisibilità il mio modo di essere e di pensare? Per evitare ILMALE. Sempre così, maiuscolo, assoluto. Tuttoattaccatopunto. Ora rosso, ora nero, qualunquista o localissimo, globale o particolareggiato, mi viene sparato in faccia urlando che si, se accade è colpa mia. Così ti impari a stare coi piccoli. E via con la descrizione delle orde barbariche dell’apocalisse da me personalmente scatenata con la semplice imposizione di croce su scheda: kebab mangiati seduti sugli scalini dei nostri mejo monumenti, morte della Cassœula, matrimoni gay, invasione di extra-corpi-comunitari… E poi le tasse. Tasse. Sempre tasse. Ovunque ti giri, uno che ti minaccia che un altro ti mette le tasse, ma lui no. Ovunque praterie di facce che mi guardano torve a ponderare l’utilità delle mie convinzioni ed a dispensare milioni di altri richiestissimi consigli: vota le donne. Anzi no. Vota le competenze. Ma anche i valori. I valori quali? I diritti, al rovescio sembrano essersi eclissati. 

Tutta la faccenda infatti si regge intorno ad un concetto abbastanza semplice: il mio diritto alla rappresentanza. Delego a mezzo scheda un altro essere umano affinché mi rappresenti. Se accetto il fatto che votare per chi secondo me (e, scusate, mi sento abbastanza titolata per decidere in materia. Sarò anche choosy ma anche molto molto skilled, al riguardo…) mi rappresenta non è utile, giocoforza ammetto il mio non esserlo. Io quindi come persona non servirei ad una beneamata, se non a mettere croci su simboli che non mi rappresentano per evitare che mi rappresenti chi non mi rappresenta. Avverto una leggera incrinatura nella Forza, voi no? Ma come ci siamo ridotti così? E, soprattutto, dato che i tempi stringono ed al popolo dei votabili non è sembrato auspicabile renderci del tutto il nostro diritto a scegliere almeno di che morte morire (deve essere per questo che si ostinano ad esser contrari ad ogni forma di testamento biologico o, vivaddio, eutanasia) Come ce la caviamo?

Personalmente ho sviluppato una mia strategia: il voto SIMILE. La tua età si misura in anelli come quella degli alberi? Mi spiace, potrai rappresentare mia madre, ma non certo me. Mi sta bene tu possa portare avanti le sacrosante richieste dei pensionati, ma a me l’appartenenza a questa categoria pare essere stata preclusa a vita. Come nei migliori club, anche per questo c’è la lista degli indesiderabili

  1. Sei convinto che qualcuno venga prima di qualcun altro semplicemente per dove ha poggiato i piedi per la prima volta? No, guarda, non ci posso stare: per inseguire lavoro e sogni ho percorso in lungo e largo tanta di quella strade che neanche avrei potuto immaginare, e so cosa significa. Tienti le tue gabbie, non mi rappresentano proprio. Mi difendi dalla concorrenza degli extra-cattivi che vengono a rubarmi lavoro? Ma chi te lo ha mai chiesto, e poi, veramente, avete sancito che il mio titolo di studio è valevole solo nel ristretto ambito territoriale di un ente che decidete periodicamente di eliminare e poi è sempre lì. Mi ci avete già messo anche a me, in gabbia, e la cosa non mi è piaciuta neanche un po’.
  2. Parli di diritto alla vita? Come no, grazie, grazie di avermelo ricordato. Apprezzo davvero chi ha deciso di dotare un piccolo grumo di mie cellule diritti in maniera superiore al corpo tutto. Ho diritto non a vivere come ho scelto ma a dare la vita, che sarà poi egualmente dotata di diritto a procreare ma non a scegliere. Quello, mai. Ho diritto a dare figli a dio, ma non a mangiare. Lo aggiungo volentieri alla lista delle cose che proprio non mi garbano. Poi però per vedermi riconosciuto il pagamento della malattia a quanti giorni posso arrivare? 
  3. Vai in TV ogni giorno a parlare di alleanze? Insomma, io debbo essere in grado di mettere insieme il pranzo con la cena e tu non vuoi fare neanche lo sforzo di buttar giù qualche rospo in nome di quel bene comune per il quale  dovrei omaggiarti della mia preziosa croce?
  4. Non azzecchi un congiuntivo neanche con l’aiuto del tuo ghost-writer? E magari ti bulli pure della tua santa ignoranza? Insomma dovrei tollerare da chi mando a rappresentarmi un livello culturale inferiore a quello di uno di quei  simpatici studentelli un po’ naif che popolano le scuole del regno militando di solito nelle fasce basse della classifica? Almeno loro cercano di migliorare, e spesso se ben seguiti ci riescono pure. Ma dal mio rappresentante, no. Non ci può stare.
  5. Passi il tempo a calcolare sondaggi, incrociarli con gli exitpoll, stornare l’influenza di SanRemo e vedere quanto è contro Saturno? Ecco, non mi contare. Gira lontano, davvero.
  6. Sei uno, o magari unA di quelli/e che…. C’è l’uomo e la donna, così complementari e felici di seguire il naturale binario della vita scandita in tappe sacrosante quali lui al lavoro e lei a casa? Credi esistano lavori da uomo e lavori da donna? Regaleresti a tua figlia un fantastico mocio giocattolo? Nun ce provà. Di donne sensibili e uomini forti sono pieni i fossi…. Soprattutto donne. E fossE. Ed io non sarò mai più una pedina di questo gioco.

E fin qui, abbiamo lavorato per esclusione: non basta. Il mio rappresentante deve portare avanti le battaglie che porterei avanti anche io.

Ovvero: precarietà? Scordatelo. Non voglio più lavorare senza orizzonte, nella paura che non mi tocchi più. Il lavoro è un diritto che per di più mi sono ben sudata. E non solo: potrei rendere il mondo un posto migliore se non dovessi correre dietro a tutta la ridda di idiozie che tra una truffa ed un’altra vi avete sovrapposto.

Scuola? Pubblica, senza discussione alcuna. Ma come mai non ne sento neanche parlare? Non è solo per interesse personale che lo ritengo un settore fondamentale di un paese civile. Anzi, è vero il contrario: ho deciso di lavorare nella scuola proprio perché ritengo sia il campo nel quale sia necessario il massimo impegno da parte di tutti. E’ lì che si impara a concepire l’esistenza di un futuro: se si parte senza fondi, senza personale per di più senza diritti, si parte davvero davvero male.

Diritti: riconoscere i diritti ad un altro essere umano non significa toglierli agli altri. Non è difficile da comprendere, eppure ogni santa volta mi tocca assistere a teatrini dell’assurdo in cui persone che godono di un qualche diritto, scambiandolo per un privilegio temono che se venisse concesso anche ad altri ne avanzerebbe meno per loro. A me non interessa con chi decidi di dormire, con chi vuoi o non vuoi fare figli, come decidi di curarti o non curarti. Voglio solo che a te, ed a me visto che ci troviamo, venga riconosciuta la libertà di farlo secondo coscienza. Mia, non collettiva. Per me decido io. E quindi
voto simile. Non utile. Che con i vostri conti della serva, io serva alla fine davvero rischio di diventare.  

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F/Utile

fùtile agg. [dal lat. futĭlis (dal tema di fundĕre «versare»), propr. «che lascia scorrere»]. – Di scarsissima importanza o serietà, frivolo: argomenti f.; discorsi f.; con un f. pretesto; litigio per f. motivi. In senso relativo, nel linguaggio giur.: agire per motivi f., reato commesso per motivi f., quando vi sia sproporzione tra il movente e l’azione criminosa, ciò che costituisce una circostanza aggravante.

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