sfocato val vibrata
Come ogni maledetta estate. Si va e si torna. Senza ben sapere quale sia la partenza, quale l’arrivo, quale l’andata e quale il ritorno. Un’estate autostradale, familiare finchè di lessico adeguato, acida di contatti che non fanno chimica se non per attrito, passata passando da un luogo all’altro sentendosi accettata secondo un ordine rigorosamente inverso da quanto pianificato e pianificabile.
Un’estate grandiosa in entrambi gli estremi, con reti che si riallacciano allargandosi fino all’infinito ed altre che si stringono a segare carne e respiro. Una parentesi, un enorme asterisco tra le lettere machi e ula, uno striscione sfondospiaggia dedicato al grande capo indiano estiquaatzsi. Uno sfogo cutaneo che da poco dopo ferragosto ancora necessita di tutto l’arsenale pesante in dotazione alla pugnace medicina tradizionale, con opzione su psicologo, a contraddire quanto sopra esposto.
E libri, tanti. Per fortuna.
Da terramare ho ricevuto in dono un nuovo sguardo su vita e morte, ne parleremo, lungamente.
Intanto, mi riconcilio con la mia, di vita, e vado a vedere l’eclissi. Buio e luce danzano, sempre, comunque, nonostante. A me sta cercar di far si che sia a tempo anche con iol mio respiro, come dovrebbe essere